È così che Nino Caianiello, chiama Attilio Fontana: il front office, un politico che mette la faccia su decisioni di altri. Una sorta di fantoccio da usare alla bisogna.
Nino Caianello è stato un esponente di spicco del centro destra Lombardo, già arrestato per corruzione nel 2019.
Lo ha intervistato ieri sera Report, Rai 3, che con una inchiesta giornalistica ha fatto emergere una trama sconvolgente di conflitti di interessi e appalti truccati, incarichi professionali alla figlia del Presidente, fino ad arrivare ai rapporti di alcuni esponenti della destra con la ‘ndrangheta. Questo è lo scenario emerso ieri sera nella descrizione dei meccanismi di Regione Lombardia.
Al di là delle vicende giudiziarie, che ci interessano il giusto, emerge una gestione del potere scanzonata dove chi riveste un ruolo apicale non ha tutte le leve del potere, e dove spesso sussiste un sottobosco di piccoli leader che impongono le proprie persone e le proprie scelte, lontano dalle telecamere e dalle istituzioni.
A marzo dell’anno scorso, mentre la pandemia imperversava furiosa in Lombardia, mentre migliaia di uomini e donne morivano anche per la scelta scellerata della giunta regionale di ricoverare nelle stesse strutture anche i pazienti Covid positivi dimessi dagli ospedali, mentre gli ospedali traboccavano di pazienti per una medicina territoriale martoriata dalle destre, il Presidente Attilio Fontana era intento a pasticciare tra fondi esteri e appalti che riguardavano le aziende di famiglia. Ma in modo ancora più grave, in quell’occasione, mentiva ai cittadini lombardi, affermando di non sapere nulla dell’appalto e sostenendo che la fornitura di camici da parte dell’azienda del cognato fosse una donazione (anche se le due procedure burocratiche – l’affidamento diretto e la donazione – seguono iter molto differenti nella pubblica amministrazione).
Oggi con un post su facebook definisce questo avvenimento: “un gesto di generosità, compiuto con la leggerezza di chi non ha nulla da nascondere per mantenere in equilibrio i rapporti familiari”.
Una fornitura di camici affidata al cognato senza alcuna gara, dunque, un trust anonimo da 5 milioni di euro alle Bahamas, gli incarichi a Maria Cristina Fontana, figlia del Governatore, ‘ndrangheta che deciderebbe giunte comunali e sindaci, senza nemmeno il bisogno di travestirsi o mascherarsi. Senza vergognarsi.
Tutto questo si aggiunge allo smantellamento della sanità territoriale, alla distruzione del ruolo dei medici di base, all’impossibilità di fare prevenzione, all’incapacità di fare un tracciamento serio dei contagi da parte dell’autorità sanitaria, e ai disastri sui vaccini antinfluenzali non ancora disponibili in Regione.
Le rivelazioni della trasmissione Report smantellerebbero il minuto dopo il sistema di potere che la Lega e la destra avrebbero costruito in Lombardia, ma ciò non accade perché c’è un filo diretto che collega Fontana a Salvini, che gli ha garantito la Presidenza della Regione e che oggi non può permettersi che Regione Lombardia vada ad elezioni. E così, i lombardi devono continuare a subire un Presidente ed una giunta regionale palesemente inadeguati davanti alla nuova ondata.
Attilio Fontana dice che la Lombardia è “sotto attacco” e che chi lo critica attacca la Lombardia. Si tratta di un travisamento mirato della realtà dove si confonde il Presidente con l’Istituzione, forse figlia di quel vizietto di considerare le Istituzioni governate dalla Lega come una propaggine di Via Bellerio, e le sue partecipate dirette emanazioni di Partito (Film commission docet). La verità è che oggi dovrebbero saltare intere giunte comunali lombarde, ma soprattutto a cadere sarebbe l’attuale Presidente della Regione Attilio Fontana. Anzi, il “front office della politica” lombarda Attilio Fontana, come ribattezzato da Nino Caianiello, la vera eminenza grigia dietro le sue nomine in Giunta.
Anni fa, Roberto Maroni, ormai prossimo a diventare segretario della Lega, si presentò in un comizio con una scopa, simbolo di pulizia interna. Oggi non basterebbe una pala.